Thailandia Coronavirus: stretta delle misure con coprifuoco e mascherina. Ultimi aggiornamenti e la situazione degli italiani
L’emergenza sanitaria legata alla diffusione del coronavirus nel mondo non sta risparmiando nessun continente. Dal focolaio cinese fino alla crisi statunitense, passando per il record di vittime in Europa, con Italia e Spagna tristemente in testa. Anche i Paesi con minori contagi stanno affrontando la pandemia con misure di contenimento. Si conta che il 98% degli Stati abbiano almeno un infetto. Oltre metà della popolazione mondiale è chiusa in casa, nel rispetto delle direttive scientifiche approvate dall’Oms.
In questo contesto anche la Thailandia ha vissuto la crisi pandemica internazionale con un approccio diretto. In realtà si sono registrare due fasi nel Sud Est asiatico. La prima legata allo scoppio dei contagi a Wuhan, con il blocco dei collegamenti con la Cina e il tentativo di evitare la diffusione del Covid-19. La seconda, con qualche apprensione in più, con le infezioni provenienti dai turisti europei che hanno fatto impennare il numero di casi ad oltre 2.000.
All’inizio di febbraio, quando ancora il SarsCov-2 non mieteva vittime in Europa, a Bangkok già si viveva un clima di preoccupazione, considerato l’alto grado di interconnessione, commerciale e turistica, con Pechino.
Lo stop dei voli provenienti dalla regione dello Hubei, e successivamente dalla Sud Corea (secondo focolaio in ordine temporale) avevano tranquillizzato il Governo del Regno, mantenendo un freno ai contagi (meno di 400).
Inoltre, la Thailandia era balzata all’onore delle cronache come il primo Paese a sperimentare la cura attraverso farmaci retrovirali abbinati ad anti influenzali. La prima settimana di marzo si registrava un solo decesso, con la maggior parte dei malati in grado di curarsi presso la propria abitazione e con rarissime eccezioni in terapia intensiva.
L’aggravarsi dell’epidemia in Italia e a seguire nel resto d’Europa, ha fatto prendere coscienza del rischio per la salute globale. Nonostante ciò, Bangkok ha cercato di minimizzare le ristrettezze sociali nella fase embrionale. Nessuna limitazione interna, possibilità di spostarsi nel Paese e nei lidi confinanti, visite turistiche aperte.
Quando le vittime nel Nord del nostro Paese sono salite oltre il livello di guardia, sono iniziati i primi provvedimenti. A marzo il capo del Governo, il Generale Prayut Chan-o-cha, ha sospeso l’esenzione del visto per italiani, iraniani, coreani e cinesi. Per chi arrivava dall’Italia, infatti, era da sempre garantito un permesso di soggiorno di 30 giorni senza bisogno di documentazione. A questo si è ben presto aggiunta la richiesta di una certificazione medica attestante la mancanza di contagio da Covid-19. Queste misure sono state estese poco dopo anche agli altri paesi europei e agli Stati Uniti, fino ad arrivare alla fine del mese scorso, alla totale chiusura dei confini nazionali.
Ad innescare la seconda ondata di contagi di coronavirus in Thailandia sarebbe stato un ragazzo italiano, proveniente dal Nord, durante un evento di Thai-boxe a Bangkok. Eravamo all’incirca alla metà di marzo. Attualmente, ai primi di aprile il numero totale di infezioni è di 2.169 con 23 vittime.
Il Governo militare ha deciso di applicare un giro di vite, chiudendo tutti i negozi non essenziali (eccezion fatta per farmacie e generi alimentari), centri commerciali, palestre, massaggi, discoteche, bar, etc.. I ristoranti possono operare solo attraverso il take away e fino alle ore 22. E’ stato introdotto dal 3 aprile il coprifuoco dalle 22 alle 4 (può variare in base alle province interne) e l’obbligo di indossare le mascherine nei luoghi affollati. Quello che sembrava un buon posto per evitare la quarantena italiana si è ben presto trasformato in un boomerang.
I numerosi cittadini italiani, tra residenti e turisti, che si trovano sul territorio thailandese, hanno provato a correre ai ripari cercando un volo per tornare a casa, molto spesso senza fortuna.
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Quasi tutti i collegamenti con l’Europa sono stati sospesi a data da destinarsi per il blocco imposto dai vettori aerei. Compagnie come la Thai Airways, la Kuwait Airways, l’El Al, l’Aeroflot, l’Emirates, la Lufthansa e l’Etihad, hanno cancellato i propri voli per Milano e Roma, anche attraverso transiti. Di conseguenza diversi nostri connazionali sono stati spinti a prolungare la loro permanenza asiatica.
L’ambasciata italiana ha fornito, in accordo con gli uffici dell’immigration locale, un documento di certificazione consolare che consente di prolungare di 30 giorni il proprio visto. A quanto pare se l’emergenza non dovesse cessare si potrebbe ottenere un’estensione sino al 30 giugno.
Chi è stato costretto a procrastinare il rimpatrio, allungano forzatamente la propria vacanza, è andato incontro a molteplici problemi, sia di carattere economico che di sicurezza.
In Thailandia la sanità privata è piuttosto cara e quella pubblica poco affidabile. Contrarre il virus qui per uno straniero significa dover spendere solo per il tampone circa 250 euro (simile agli Usa) e il ricovero in ospedale può arrivare ad un costo di 200 euro al giorno.
Questo ha indirizzato la stragrande maggioranza, come detto, a cercare un modo per rimettersi in viaggio verso casa. Attraverso siti di agenzie viaggio online è possibile ancora trovare opzioni di volo. Ad esempio la Qatar Airways effettua tratte verso il nostro Paese, ma i prezzi sono lievitati dell’80%.
La Farnesina, contattata anche dagli italiani in Cambogia e Laos, non ha finora predisposto nessun collegamento speciale per riportare i nostri connazionali fermi nel Sud Est asiatico. Negli Stati dell’ex Siam la situazione è altrettanto complessa, con ulteriori difficoltà anche negli spostamenti interni. Con i vari confini chiusi, la sensazione è che ognuno dovrà cavarsela da solo. Almeno per ora.
Dal nostro corrispondente in Thailandia Angelo Maria Papi