“Il sogno del pisano è svegliarsi a mezzogiorno, guardare verso il mare e non vedere più Livorno”. Una scritta che compare sullo stadio di Pisa. “Nuvola atomica. Primi spaventosi effetti delle radiazioni: è nato un pisano furbo”, il satirico titolo del Vernacoliere dopo il disastro di Chernobyl. Sono esempi emblematici della storica rivalità tra Pisa e Livorno, una delle più agguerrite, che risale molto indietro nel tempo e che oggi si esprime soprattutto con slogan calcistici e le battutacce del Vernacoliere, celebre giornale satirico di Livorno.
Una, Pisa, antica Repubblica marinara, città d’arte e di cultura, di aristocratici e banchieri, orgogliosa della propria Torre pendente, sede di istituti di eccellenza come La Normale e il Sant’Anna; l’altra Livorno, città portuale nata da un villaggio di pescatori per volontà dei Medici, è stata un porto franco che nei secoli ha raccolto popolazioni da ogni dove, mercanti, marinai, minoranze perseguitate, avventurieri, banditi, centro multiculturale e multietnico, vivace e animato, la città toscana più moderne.
Differenze che hanno enfatizzato le classiche rivalità tra città e paesi vicini tipiche del campanilismo italiano. L’Italia terra campanili dove i Comuni erano, e sono ancora, in lotta tra loro fin dal Medioevo. Del resto il nostro è il Paese dei Guelfi e dei Ghibellini, che proprio in Toscana si sono più duramente scontrati. All’interno degli stessi Guelfi ci fu la rivalità tra Guelfi bianchi e Guelfi neri, di cui fece le spese il povero Dante Alighieri, lui guelfo, costretto all’esilio da Firenze a Verona dalla parte più estrema della sua stessa fazione.
Paese di sotto e paese di sopra, anche dello stesso comune, sono spesso contrapposti. Ognuno vanta con orgoglio la propria peculiarità, la propria lingua e cultura, le tradizioni popolari e quelle gastronomiche. In Toscana molte di queste storiche rivalità hanno resistito nei secoli e permangono tuttora, basti citare Siena e Firenze, ma una delle più aspre e famose è senz’altro quella tra Pisa e Livorno. Per i pisani i livornesi sono volgari e maleducati, per i livornesi i pisani sono snob e stupidi. Un libro uscito una decina di anni fa, “Pisa & Livorno, istruzioni sulla guerra e sui campanili”, scritto da Alessandro Agostinelli, ha descritto questo scontro e ha provato anche a proporre una conciliazione, ma senza risultato.
La storica rivalità tra Pisa e Livorno, nemmeno una delle più antiche della Toscana e d’Italia (molte risalgono al Medioevo), ma famosa per la sua veemenza e durata si può far risalire allo sviluppo del porto e della città di Livorno per opera di Cosimo I de’ Medici intorno alle metà del XVI secolo. I Medici ampliarono quel piccolo villaggio di pescatori, trasformandolo nella più importante città italiana progettata e costruita tra la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo. Avevano bisogno di un porto più grande e per far crescere la città la aprirono a stranieri e minoranze, come gli ebrei sefarditi in fuga dalla Spagna, rendendola una città cosmopolita e multiculturale, popolata di mercanti, marinai e avventurieri. Un città portuale ancora oggi tra le maggiori d’Italia. Il Porto Pisano era decaduto, la scarsa manutenzione e le continue battaglie avevano causato il progressivo interramento dei suoi canali di accesso, fino alla trasformazione in stagni e paludi, poi bonificati nel XIX secolo. Pisa, prestigiosa Repubblica Marinara dall’XI al XV secolo, deve aver vissuto come un affronto lo scippo dell’antico primato.
“Meglio un morto in casa che un pisano all’uscio“, dicono a Livorno, un detto che si è diffuso a tutta la Toscana. “Le parole le porta via il vento, le biciclette i livornesi“, rispondono piccati a Pisa. La rivalità continua.