Una moda pericolosissima che sta spopolando

Polizia (Getty Images)
Polizia (Getty Images)

Viaggiamo per piacere, per lavoro, per evadere della routine, per la sete di conoscenza e per curiosità. Viaggiamo cercando l’offerta migliore e l’albergo più bello, salvo poi trovare sempre un motivo per lamentarci di quanto ritardo facciano sempre i voli, e i bagagli che non arrivano mai, ed i treni in cui l’aria condizionata è troppo alta. E poi la macchina: che noia tutte quelle ore e poi che traffico.

Ecco, questi più o meno siamo noi. E non è una colpa essere noi. Ma nel mondo ci sono altri tipi di viaggiatori, persone che viaggiano non per piacere, per lavoro o per curiosità, viaggiano per disperazione. E purtroppo il modo scelto per viaggiare che sta sempre più spopolando fra le popolazioni in fuga dall’Afganistan è quella attraverso i camion. 

Ragazzi che si attaccano sotto i tir, tenendosi,  con l’ausilio di cinghie, appesi alle assi. Viaggiano a poche decine di centimetri da terra, per tantissime ore, rischiando ogni secondo la vita. Nell’ultimo periodo la polizia stradale ha trovato tanti giovani profughi in transito nel nostro Paese in queste condizioni.

Poco tempo fa un ragazzo è stato segnalato da molti automobilisti sull’autostrada A1: viaggiava sotto ad un tir. Il camion che trasportava tessuti è bulgaro. I due autisti, incensurati, sono partiti dalla Turchia e ad Igomunitsa, in Grecia, hanno agganciato il rimorchio e si sono imbarcati per Brindisi. Il viaggio di questi ragazzi si snoda dall’Afganistan in direzione della Francia e dei Paesi del Nord Europa.

Un giovane fermato poco tempo fa a Terni ha raccontato a Sky Tg24:  “Ho 18 anni. Sono partito da solo dalla Grecia alla volta dell’Italia, ma non voglio restare qui. Ero diretto in Francia, a Parigi, ho i miei amici lì. I miei fratelli e mia madre si trovano invece in Svizzera. È stato duro viaggiare così a lungo, 22 ore, senza cibo né acqua, senza dormire. Sono fuggito da Kabul dieci mesi fa, ho attraversato l’Iran, la Turchia, spesso viaggiando a piedi. Sono stato in un campo a Idomeni, in Grecia, per sei mesi, e in nave ho raggiunto l’Italia. Ho contattato e pagato una persona, sono rimasto legato sotto al tir anche durante il viaggio verso l’Italia, ho pagato per questo 900 euro. Quello che ho vissuto nella mia vita -ha concluso- è stato molto più pericoloso di questo viaggio, in Afghanistan c’è la guerra civile e vorrei imparare il francese e ottenere documenti francesi. Voglio una vita sicura, in un mondo senza pericoli”.

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