Prima di andare ad Harvard, la primogenita del Presidente americano, Malia Obama, partirà per un Gap Year. L’annuncio della Casa Bianca è arrivato domenica e la notizia ha raccolto l’approvazione generale: sono ormai moltissime le università che consigliano questa esperienza, perché sempre più ricerche dimostrano che prendersi una pausa dagli studi per viaggiare, imparare una lingua straniera, fare uno stage, porta ad una migliore crescita personale e a una nuova consapevolezza culturale che hanno una influenza positiva sia i risultati accademici, che le opportunità professionali.
Come sottolinea anche Natalia Anguas, Direttore Generale EF Italia, l’organizzazione leader nella formazione internazionale “Da anni constatiamo che gli studenti che fanno l’esperienza del Gap Year, trovano più facilmente la loro strada. Durante questo periodo hanno infatti modo di valutare o riaffermare le proprie scelte, arrivando così con nuove e più forti motivazioni agli studi universitari. Si tratta di un’occasione unica, non solo per esplorare il mondo, ma soprattutto per conoscere meglio se stessi e, grazie al confronto con culture e lingue diverse, diventare cittadini del mondo”.
EF Education First (EF), che da anni sostiene l’esperienza del Gap Year ha elaborato una ricerca sui benefici di quest’esperienza e suggerisce alcuni percorsi.
- MIGLIORI RISULTATI NEGLI STUDI – Gli studenti che hanno svolto un Gap Year ottengono voti più alti all’università, grazie ad una più forte motivazione.
- MIGLIORI OPPORTUNITA’ PROFESSIONALI – 9 studenti su 10 affermano che l’esperienza ha facilitato il loro ingresso nel mondo del lavoro e sono decisamente più soddisfatti della propria carriera.
- CITTADINANZA GLOBALE – La maggior parte di chi ha svolto un Gap Year ha acquisito una nuova consapevolezza culturale che permette di comprendere meglio le altre culture e sentirsi parte di una realtà globale.
- APERTURA AI CAMBIAMENTI – Prendersi del tempo di qualità per capire quale carriera sia in sintonia con le proprie abilità, passioni e predisposizioni naturali, permette di scegliere con maggiore convinzione e motivazione il proprio percorso accademico, spesso anche arrivando ad optare perun diverso ambito.
- CONSAPEVOLEZZA FINANZIARIA – Per la gioia di molti genitori, 7 studenti su 10 affermano durante l’anno all’estero hanno imparato a gestire il proprio denaro meglio dei loro coetanei rimasti a casa.
COSA FARE DURANTE UN GAP YEAR ALL’ESTERO
- Migliorare le proprie competenze linguistiche – Conoscere una lingua straniera è una delle caratteristiche più importanti che si possano annoverare nel proprio CV. Ovviamente immergersi in una nuova cultura e parlare un’altra lingua 24 ore al giorno per tutti i giorni, socializzando al contempo con gli abitanti del posto, sono un modo sicuro per riuscire a padroneggiare la lingua e beneficiare di tutti i vantaggi che il bilinguismo e lo studio all’estero possono offrire.
- Fare Volontariato – Sono infinite le opportunità per chi desidera fare del bene e contribuire a migliorare il nostro mondo, dal lavoro in un orfanatrofio in Perù alla costruzione di una scuola in Nepal.
- Viaggiare e lavorare – Per mantenersi durante un viaggio intorno al mondo si può ad esempio lavorare in un ostello in Australia, Nuova Zelanda e Canada. .
- Fare uno Stage in Azienda – Oltre a studiare una lingua all’estero si può arricchire il proprio CV anche facendo un’esperienza professionale in un’azienda locale.
Ad aiutare i giovani ad organizzare al meglio il proprio Gap Year vi è la EF Education First, organizzazione nata nel 1965 con la missione di rendere più grande il mondo attraverso l’educazione, diventando l’organizzazione internazionale leader nel settore della formazione, con una rete di 500 scuole e uffici in tutto il mondo. La EF è specializzata in corsi di lingue, programmi accademici, viaggi studio e scambi culturali all’estero ed è diventata di recente Fornitore Ufficiale per la Formazione Linguistica delle Olimpiadi di Rio 2016.
Dal 2011 EF pubblica annualmente l’innovativo Indice di Conoscenza dell’Inglese EF EPI, la più vasta indagine sulla conoscenza dell’inglese in oltre 70 paesi del mondo
A cura di: Francesco Cini