Se guardiamo poco più in là rispetto al nostro giardino, alla nostra casa e alla nostra città, ci accorgeremo rapidamente che il mondo intero sta attraversando una fase molto delicata e soprattutto che ogni giorno muoiono tantissime persone, adulti e bambini, in guerra. Guerre di cui i mass media parlano e altre di cui invece preferiscono non parlare. In mezzo però alla desolazione di una guerra c’è chi non perde mai la speranza e cerca di mantenere vivo il fuoco della passione e della musica come un ultimo appiglio verso quel mondo e quella vita “normale” che noi diamo per scontato e che, invece, per chi vive in un paese flagellato da un conflitto è un vero e proprio miraggio.
Il pianista della guerra
Siamo in Siria, dove la guerra civile sta facendo giorno dopo giorno decine di morti e non sembra fermarsi. Qui vive Ahmad Ayham, un giovane palestinese che ha deciso di non smettere di suonare il suo pianoforte per tenere alto il morale delle persone che con lui sono rifugiate nel campo profughi di Yarmouk nel distretto di Damasco e per ricordare a tutti che la bellezza esiste.
Ahmad ha sempre costruito e riparato strumenti musicali con il padre e quindi la sua passione per la musica viene da molto lontano: quando aveva sei anni ha iniziato a suonare il pianoforte a Homs e dopo aver visto il film di Roman Polanski “Il Pianista” si è letteralmente innamorato di questo film. Ora Ahmad si trova a vivere in questo campo profughi “non ufficiale” e ogni giorno, dal 2013, sfidando i militari che non vogliono che si suoni la musica, lui si siede al suo pianoforte in mezzo alle macerie e inizia a creare magia con i tasti neri e bianchi. Accanto a lui un gruppo di amici con cui hanno proprio creato un gruppo e una pagina Facebook dove, quando trovano il modo e la linea, caricano i video delle loro esibizioni
“Quando suono sento che c’è ancora qualcosa di buono in questo mondo” ha dichiarato in un’intervista alla AFP. Così Ahmed suona e suona per le strade della sua città dopo aver superato e sconfitto anche la paura delle minacce da parte degli estremisti che gli avevano detto che, se continuava a suonare, gli avrebbero spezzato le dita delle mani. Lui continua a suonare e vorrebbe vivere di sola musica, senza il suono delle pallottole.